venerdì 21 gennaio 2011

SULLA “PAUSA CAFFE’” E GLI ALTRI TEMPI NON LAVORATIVI



Da tempo sono abbonato alla mailing list dello Studio Bicego (www.bicego.it), uno dei maggiori/migliori studi che fa formazione che conosca. A dire il vero ho fatto parecchi seminari con loro in passato, tutti di altissimo livello. Antono Bicego, che mi onora della sua amicizia, è una persona davvero grandiosa anche da un punto di vista umano.

Stamattina ricevo per email queste nota. Mi piace, perchè in rispecchia il mio modo di concepire il lavoro e l’ambiente dove viene svolto.
Leggiamola insieme e commentiamola.

“I Tempi Non Lavorativi sono tutti quei momenti che un dipendente trascorre in azienda senza effettivamente dedicarsi al lavoro in un’ottica di produttività, di efficacia, di efficienza. La “Pausa Caffè” può essere un esempio piuttosto eloquente di Tempo Non Lavorativo: è una manciata di minuti nel corso della quale un individuo, una coppia, un gruppetto più o meno folto di colleghi, si ferma, arresta temporaneamente l’attività lavorativa per parlare od occuparsi d’altro. A rigore del vero, ci sono anche casi di caffè bevuti alla scrivania tra una scrittura contabile e l’altra, e situazioni di caffè collettivi che non interrompono discussioni già iniziate in ufficio.
Ma sono eccezioni.
L’obiettivo qui non è quello di processare la Pausa Caffè, disprezzandola o assolvendola, ma semplicemente quello di adottarla come esempio di Tempo Non Lavorativo per poter fare qualche riflessione su quest’ultimo.
Potremmo alla stessa stregua parlare di “Pausa Sigaretta” o delle chiacchiere, su fatti privati, che scorrono tra una scrivania e l’altra di un ufficio, e ugualmente parleremmo di Tempi Non Lavorativi.

L’attenzione qui, però, vuole trascurare i fatti in sé per soffermarsi, invece, sulle implicazioni che da essi possono derivare: la Pausa Caffè, tanto aborrita da buona parte dei capi e sulla quale abbondano accuse spesso generiche e nel complesso poco convincenti, non è in sé e per sé buona o cattiva, ma può generare un forte potere condizionante il proseguo del lavoro in termini positivi o negativi, più o meno ampi. L’idea di fondo consiste nell’importanza della consapevolezza che i Tempi Non Lavorativi possono avere una portata emotiva ed influenzante che impatta sulle persone, sul clima e quindi sul fatturato aziendale.

Alla Pausa Caffè non vogliamo imputare nulla astrattamente, ma se, per esempio, quel tempo viene dedicato al pettegolezzo ed al discredito di un collega non presente, possiamo effettivamente parlare di un Tempo Non Lavorativo che, in qualche modo, agirà negativamente sulla struttura, sul morale e sul lavoro delle persone. Noi, ingenuamente e distrattamente, pensiamo che, buttato nella spazzatura il bicchierino vuoto del caffè, tutto torni come prima. Non è così: abbiamo di fatto appena innescato un processo silenzioso e subdolo che un po’ rompe il gruppo, inceppa la buona comunicazione, crea fratture, lede la collaborazione, mina la trasparenza, insinua una velata disonestà, rende falsi i sorrisi….e tutto in modo pacato, non dirompente, ma disseminato in piccole e tenacissime dosi.
Momenti come questi hanno la portata di un sassolino buttato nello stagno: quello è già sparito e riposa sul fondale melmoso, ma un inesorabile movimento di onde regolari, sistemiche e più sommesse della loro causa, si sta già propagando in luoghi ben più ampi e lontani dal loro punto d’origine e con un aspetto affatto diverso e deformante.

La stessa fatidica pausa aziendale, però, può anche essere portatrice di risvolti sorprendentemente buoni e positivi: immaginiamo un commerciale che riunisce, per un caffè rigorosamente da lui offerto, un gruppetto di colleghi ai quali racconta, con un entusiasmo travolgente, il successo del suo recente contratto firmato proprio da quel cliente che tutti ritenevano impossibile da avvicinare e da conquistare. E’ come l’atmosfera di una commedia ben rappresentata in cui il pubblico non smette di applaudire e di identificarsi nel protagonista, e di lui vuole vivere lo stesso entusiasmo e la stessa bravura che hanno, per la loro forza positiva, una contagiosità pandemica.

Non penso ci sia un modo per “governare” i fatti, i meccanismi, gli echi dei Tempi Non Lavorativi. Penso, anzi, che sia un fenomeno così frammentariamente vario e minutamente disseminato, da risultare inafferrabile o comunque inutilmente o inopportunamente domabile. Ciò non significa, però, doverne subire i risvolti negativi o, al contrario, non poterne usare la spinta positiva. Non significa non esserne coscienti e non possedere la consapevolezza che le cose mai avvengono casualmente, e che le loro ragioni e le loro cause esistono e, a volte, sfuggono a quelli che sono i percorsi e gli itinerari usuali, codificati e visibili della vita aziendale.

Quello dei Tempi Non Lavorativi è un fenomeno che riguarda tutti in azienda, chi è capo e chi capo non è. E’ un concetto che va ricollegato alle idee di Benessere e di Responsabilità.
Il capo, tra i vari principi del buon condottiero, non deve scordare il Benessere dei suoi uomini. Il Benessere non è univoco nei contenuti, ma assume sfaccettature diverse per ognuno di noi. L’esito del Benessere, però, è lo stesso per tutti e si traduce in fiducia, impegno, appartenenza e fedeltà lavorativi. Chi vive il Benessere Aziendale, anche nei Tempi Non Lavorativi agirà e penserà secondo le logiche del benessere e diffonderà benessere.
La Responsabilità dev’essere in tutti, capi e non capi, e in qualsiasi momento della vita lavorativa. In tal senso un agire ed un dire rigoroso e responsabile va tenuto anche nelle occasione dei Tempi Non Lavorativi. Quando meno ce l’aspettiamo, con le nostre parole, in piccola parte ciascuno di noi può infatti contribuire ad influenzare destini e a creare sorti.

E cosi, senza rendersene conto o con eccessiva leggerezza, l’uomo alla macchinetta del caffè, con la tazzina in mano, mescolando lo zucchero, di fatto, con le sue parole pesanti, si sta comportando nei confronti di qualcuno che lì non c’è, come un piccolo giudice che, con la visibilità di un fantasma, agisce sotto le scrivanie aziendali.”
Anna Savegnago
fonte: www.bicego.it

Abbastanza attuale, no?

Gianluca Pollesel

Nessun commento:

Posta un commento